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Il printing italiano è pronto per la Industry 4.0?

B+B ed Esko aumentano i propri sforzi e investimenti per offire all’industria della stampa e della cartotecnica italiana tecnologie future-ready

da Italia Publishers n.3/2017

La sede di B+B International a Montebelluna (TV)

Industry 4.0 è ormai un concetto noto e trasversale. Sebbene poco approfondito, è comune a tutte le industrie, dall’auto-motive al tessile, fino alla produzione ceramica o alimentare. Vediamo spuntare scritte e loghi ispirati al “4.0” su stand e interi padiglioni nelle fiere, mentre riceviamo inviti e proposte di partecipazione a incontri, seminari e riunioni con consulenti e sedicenti specialisti della materia. Come per tutti i fenomeni macroscopici che toccano il settore in cui operiamo – la grafica e la cartotecnica nel nostro caso – siamo portati a chiederci se sia più moda o sostanza. Se il tema fondante della Industry 4.0 è l’interconnessione tra operatori, macchine, piattaforme, infrastrutture, viene spontaneo considerare che oggi la maggior parte delle tecnologie in uso nella nostra industria sono sono tecnicamente interconnesse. Quasi tutti i macchinari per la prestampa, la stampa e il finishing, così le piattaforme software, di fatto sono in

 

il rendering di un reparto di produzione interconnesso con tecnologie Esko

grado di scambiarsi dei dati. Eppure dovrà esserci una buona ragione perché la Industry 4.0 – che si ispira all’ affascinante concetto di “quarta rivoluzione industriale” – fatica ad attecchire e solo da qualche mese è oggetto delle attenzioni di alcune imprese più attente. Merito senz’altro degli sbandierati “super e iper-ammortamenti”, che consentirebbero – il condizionale è d’obbligo – di portare in detrazione gli acquisti di alcuni beni strumentali. Ma ancor di più a scatenare la curiosità è la condizione di incertezza del futuro che interessa larga parte delle nostre imprese. Eh sì, perché quando parliamo di temi come la robotizzazione, lo scambio e la sicurezza dei dati, l’intelligenza artificiale, non parliamo più di macchine. In gioco ci sono i modelli e le visioni imprenditoriali. Abbiamo scelto di approfondire il tema con B+B, una delle software house nazionali che più ha investito sul tema dell’interconnessione. Partendo dalla piattaforma gestionale Packway e integrandosi con l’ecosistema software di Esko, di cui B+B è il principale partner commerciale e tecnologico in Italia.

 

a Luciano Bortolini

Presidente di B+B International

INTERVISTA

“Troppi pensano di risolvere tutto comprando attrezzature, eppure già oggi ci sono tantissime tecnologie pronte per l’Industry

4.0 che semplicemente non vengono utilizzate e interconnesse.”

 

Cosa vedi quando si parla di Industry 4.0?

La quarta rivoluzione industriale segue quella delle macchine a vapore, poi dell’elettricità e infine dell’informatica, su cui abbiamo costruito B+B. È una rivoluzione basata sui sistemi cyberfisici, sull’integrazione tra informatica e macchinari intelligenti. Ma parlare di rivoluzione significa parlare di qualcosa che non c’è ancora, che non è attualità. Ovvero del futuro. Più pragmaticamente, ci piace l’idea di poter contribuire a riprogettare il presente e andare verso il futuro.

Quanti stampatori vi coinvolgono nelle loro elucubrazioni sul futuro?

Come interlocutori primari nel software, sono moltissimi. Non crediamo di avere risposte definitive, ma siamo persuasi che ci sono tecnologie abilitanti che stanno cambiando e cambieranno il mondo dell’industria. Robot collaborativi interconnessi e programmabili: macchine che sono attivate non più da uomini ma da sistemi informatici. Per arrivare all’intelligenza artificiale, con macchine che autoapprendono. Ci sono tecnologie come il 3D printing e la realtà aumentata, che oggi sono applicate a supporto dei processi produttivi. Ancor prima di aver acquistato e installato attrezzature oggi è poi possibile prevedere l’efficacia di macchinari “smart”, con simulazioni di processo che valutano la loro capacità di ridurre gli scarti e ottimizzare i workflow.

Quali le criticità?

Anzitutto la sicurezza. Andare in cloud, essere aperti, va al di fuori delle competenze e del controllo dei singoli operatori. Se i dati devono essere disponibili per chi li ha generati, bisogna essere sicuri che non vengano manomessi. Ma il tema centrale è ripensare i processi, i modelli di business che gli imprenditori stanno attuando nelle loro aziende. Non parliamo più di sostituzioni di macchinari e di avanzamenti tecnologici. Parliamo di un vero stravolgimento, della creazione di nuovi processi e nuovi modelli.

Come B+B approccia le istanze degli stampatori?

Grazie ai software proprietari, a quelli di Esko, a macchinari già abilitati ad essere interconnessi con sistemi produttivi, logistici e gestionali, diamo risposte consistenti. In molti casi aderendo alle specifiche fornite dal legislatore per gli ammortamenti agevolati. Se sono i software a rendere intelligenti i macchinari, noi investiamo per creare piattaforme che si connettono alle macchine, rilevano e inviano dati, così che anche i sistemi già presenti in azienda diventino parte di una piccola rivoluzione industriale.

Il modello di business assume quindi un ruolo centrale…

Non si fa altro che parlare di mass customization, che significa produrre un bene esattamente come lo vuole il singolo consumatore, ma con i tempi e i costi della produzione di massa. Oggi abbiamo clienti che ci credono, che stanno muovendo passi importanti e magari approcciano le piccole serie in modo efficace. Ma pochissimi sono dei veri casi di successo e di studio.

 

Sono più i piccoli o grandi ad avere possibilità di successo?

Mi vengono in mente aziende nate piccole e diventate colossi. Aziende che hanno rivoluzionato i propri modelli e ad un certo punto hanno fatto dialogare macchinari e flussi digitali. Più che di grandezza è una questione culturale, imprenditoriale. Per assurdo è forse più facile per un piccolo outsider lavorare sulla customizzazione totale: nascere digitali è un plus per essere innovativi e rivoluzionari. Parliamo di dinamiche basate sull’informatica, che hanno bisogno di un motore, che è la risorsa intellettuale. Uomini preparati che sanno governare il processo. Troppi pensano di risolvere tutto comprando attrezzature, eppure già oggi ci sono tantissime tecnologie pronte per l’Industry 4.0 che semplicemente non vengono utilizzate e interconnesse.